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Abbigliamento biologico

Fast fashion: cos’è, perché e come evitarla

By Maggio 27, 2019No Comments

Il termine fast fashion, che tradotto significa “moda veloce” è sempre più comune. Le aziende di abbigliamento della fast fashion hanno avuto una crescita importante negli ultimi 20 anni e questa diffusione ha mutato profondamente le abitudini di acquisto dei consumatori. Cerchiamo quindi di capire cosa significa veramente fast fashion e quali problematiche sociali e ambientali solleva.

Significato di fast fashion

Per comprendere a fondo cos’è la fast fashion partiamo da alcune definizioni:

  1. Fast fashion è un termine moderno usato dai rivenditori di moda per esprimere un design che passa rapidamente dalle passerelle e influenza le attuali tendenze della moda. Questo tipo di collezioni di abbigliamento si basano sulle ultime tendenze presentate alla Settimana della moda ogni anno in primavera e in autunno.
    Wikipedia
  2. Capacità di alcune aziende di immettere sul mercato un prodotto in tempi molto brevi (detto anche moda veloce).
    Treccani
  3. Settore dell’industria dell’abbigliamento che produce collezioni ispirate all’alta moda ma messe in vendita a prezzi contenuti e rinnovate in tempi brevissimi.
    Google Translate

Con fast fashion ci si riferisce quindi all‘abbigliamento economico prodotto velocemente dai marchi rivenditori del mercato di massa, in risposta alle ultime tendenze.
La velocità della fast fashion è relativa sia alla velocità di produzione e rifornimento dei negozi che alla velocità con cui un capo d’abbigliamento diventa obsoleto e va fuori produzione e non è più in vendita.
La fast fashion riversa nuovi capi d’abbigliamento nei negozi con frequenza settimanale. Prima della fast fashion le collezioni moda seguivano una ciclicità stagionale. Ora, grazie a dei modelli produttivi e distributivi del tutto nuovi, dall’ideazione dei capi d’abbigliamento alla vendita in negozio i tempi sono ristrettissimi e pari a circa 15 giorni. I negozi sono continuamente riforniti di nuovi capi in vendita ad un prezzo basso, il turn over delle collezioni moda è molto più elevato con la conseguenza che la vita media del prodotto si riduce drasticamente. Come consumatori siamo portati a visitare i negozi sempre più spesso: ogni settimana in negozio troviamo nuovi vestiti appena usciti che rispondono agli ultimi trend della moda.

La fast fashion ha generato una maggiore offerta di capi d’abbigliamento ad un prezzo più basso: possiamo cambiare più frequentemente e agevolmente i capi presenti nel nostro armadio. Ma tutto questo ha dei costi in termini sociali e ambientali? la fast fashion è davvero sostenibile e conveniente? Scopriamolo assieme

Fast fashion cos'è e perché evitarla

Quando e come nasce la fast fashion

Il termine fast fashion è stato utilizzato per la prima volta nel 1989 dal New York Times in un articolo in cui si parlava della prima apertura di un negozio Zara a New York.

La fast fashion si fonda su un sistema produttivo velocissimo, denominato “a risposta rapida”, che è stato applicato al settore della moda alla fine degli anni ’90. Il boom della fast fashion è relativamente recente, a partire dal 2000. Pioniere fu Zara e questa strategia si è presto diffusa tra i maggiori retailers del mercato della moda di massa. Tra il 2010 e il 2015 le aziende fast fashion sono cresciute del 9,7%. La strategia che accomuna le aziende della fast fashion è l’incremento del profitto basato sulla velocità della produzione a un prezzo basso, grazie anche alla dislocazione della produzione in paesi in via di sviluppo caratterizzati da un basso costo della manodopera. Filiera snella, produzione e distribuzione devono dare una risposta rapida ed efficiente al processo creativo di ideazione di nuovi capi d’abbigliamento in modo da poter rifornire i negozi in tempo reale con vestiti continuamente nuovi, low cost e quasi usa e getta.

Se da un lato la fast fashion ha permesso ai consumatori di accedere a una maggiore varietà di capi d’abbigliamento ad un prezzo più basso a livello sociale e ambientale non mancano purtroppo dei risvolti negativi. La diffusione della fast fashion infatti è causa di inquinamento ambientale e di problemi di sfruttamento.

Fast fashion e sfruttamento

Abbiamo capito che la fast fashion si basa sulla produzione rapida di grandi quantità di capi d’abbigliamento di bassa qualità venduti ad un prezzo competitivo. Per avere un prezzo competitivo le aziende hanno la necessità di abbassare i costi di produzione e del lavoro. Questo spesso viene ottenuto attraverso lo sfruttamento della manodopera a basso costo nei paesi in via di sviluppo. La produzione viene dislocata in paesi in cui non esiste una sistema di tutela efficace dei lavoratori e in cui è legittimo lo sfruttamento di operai che lavorano in condizioni di scarsa sicurezza, in ambienti malsani e non sono pagati adeguatamente.

Un particolarmente tragico ed eclatante risvolto della fast fashion è l’incidente avvenuto in Bangladesh nel 2013, dove per il crollo di una fabbrica di abbigliamento sono morti più di 1000 operai. Ogni giorno sono migliaia i lavoratori impiegati nell’industria della fast fashion la cui vita è messa a rischio da ritmi estenuanti di lavoro, dalla mancanza di sicurezza e dall’esposizione e contatto con sostanze dannose. Sono tante le persone sfruttate, maltrattate e vittime di abusi, sottopagate e che lavorano in scarse condizioni igienico-sanitarie. Questo sistema ha provocato un impoverimento e peggioramento delle condizioni di salute e di vita dei lavoratori.

fast fashion sfruttamento

Fast fashion e inquinamento

I danni ambientali causati dall’industria tessile sono stati amplificati dalla fast fashion: l’industria tessile è tra le più inquinanti del pianeta, seconda solo a quella del petrolio.
La non sostenibilità della fast fashion è connessa proprio al modello sviluppato dalla stessa: aumentare la produzione, immettere nel mercato prodotti low cost ottenuti con materie di bassa qualità e al limite dell’usa e getta.

Nel mondo oggi acquistiamo circa 80 miliardi di nuovi capi d’abbigliamento ogni anno: 4 volte di più rispetto a quanto consumavamo negli anni 90.
Acquistiamo di più, usiamo il capo qualche volta per poi stancarci e gettarlo via: ad esempio nei paesi occidentali in media ogni persona porta solo il 70% dei capi che ha nel guardaroba e produce 70Kg di rifiuti tessili l’anno. I rifiuti provenienti dall’industria tessile rappresentano il 5% dei rifiuti globali.
L’impatto sull’ambiente di questo comportamento è significativo sia in termini di rifiuti non degradabili (fibre come poliestere, nylon e acrilico sono plastiche) che di sfruttamento delle risorse quali energia, prodotti chimici e acqua impiegati nella produzione.

Inoltre l’industria della fast fashion spesso utilizza nei processi produttivi sostanze chimiche inquinanti e tossiche per l’ambiente e pericolose anche per la salute delle persone.

Fast fashion e problemi inquinamento

Fast fashion brand in Italia

La fast fashion si è diffusa ampiamente anche in Italia dove ha risentito meno della crisi globale rispetto ad altri settori e anzi si è dimostrata vincente. Non tutti i brand della fast fashion hanno lo stesso approccio e sensibilità in termini di tutela dei lavoratori, problema dei rifiuti tessili e riciclo, qualità dei tessuti e utilizzo di sostanze nocive. Alcuni di essi hanno adottato iniziative a tutela dei lavoratori, per contrastare i problemi legati all’inquinamento ambientale e volte a favorire una produzione più sostenibile e di qualità.

In Italia tra i brand fast fashion più conosciuti abbiamo.

  • quelli relativi al gruppo Inditext: Zara, Bershka, Stradivarius, Pull and Bear, Massimo Dutti, Oysho;
  • H&M;
  • United Colors of Benetton;
  • Topshop;
  • Primark;
  • River Island;
  • Mango;
  • New Look;
  • Calzedonia, Tezenis;
  • Imperial Fashion;
  • Decathlon;
  • Gap;
  • Forever21;
  • Miss Selfridge;
  • Esprit;
  • Charlotte Russe;
  • Victoria’s Secret

Come evitare la fast fashion

Come consumatore consapevole ci sono un sacco di misure che puoi adottare per contrastare la fast fashion. Negli anni si sono diffusi dei movimenti e delle organizzazioni che promuovono uno stile di vita e di consumo più etico, sostenibile e rispettoso dal punto di vista sociale ed ambientale, tra questi la slow fashion che si posiziona in netto contrasto alla fast fashion.

Se agli esordi la fast fashion era rivolta ad un pubblico di età compreso tra i 15 e i 35 anni oggi il fenomeno interessa indistintamente tutte le fasce di età e di reddito. Basti pensare a personaggi famosi come Kate Middleton o Michelle Obama che indossano vestiti acquistabili in negozi fast fashion come Zara o H&M.

Ecco alcune idee per evitare la fast fashion:

  • informarsi su quali sono i tessuti rispettosi dell’ambiente;
  • verificare se stiamo acquistando abbigliamento biologico e quindi prodotto senza impiegare sostanze dannose;
  • verificare se un brand è etico e sostenibile;
  • avere un guardaroba più sostenibile;
  • scegliere la qualità piuttosto che la quantità di vestiti;
  • evitare indumenti economici realizzati con tessuti sintetici non sostenibili;
  • scambiare vestiti che non indossiamo più con familiari o amici